2 nov 2014

Replica all'articolo "Il controverso caso Narconon: l’insopportabile parabola di un regime"

Informazioni su Narconon/Scientology e relazioni dottrinali. Riflessioni di Simonetta Po, curatrice del sito "Allarme Scientology", sull'articolo di Camillo Maffia comparso su Agenzia Radicale il 15 ottobre 2014. 
(Inviato a Camillo Maffia per Agenzia Radicale il 19 ottobre 2014 con preghiera di pubblicazione integrale. Richiesta non accolta).

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Gentile Maffia, 


forte della competenza che mi ha gentilmente riconosciuto nel suo recente articolo sui Centri Narconon, ritengo doveroso fare alcune precisazioni. 

Le connessioni tra Narconon e Scientology non derivano unicamente – come lei suggerisce – dal lavoro di William Benitez che si ispirò a un libro di L. Ron Hubbard (fondatore della Chiesa di Scientology). Vanno ben oltre. Per quanto riguarda l'Italia, a confermarlo ci sono la sentenza della Corte di Cassazione del 2000 e le indagini della Procura di Milano negli Anni '80. In USA, molto interessante è l'accordo del 1993 tra Church of Scientology e Internal Revenue Service. Tra le “Scientology-related entities” oggi esentasse, figurano anche Narconon International e ABLE (Association for Better Living and Education), l'organizzazione ombrello da cui Narconon dipende

A ulteriore conferma degli stretti legami operativi tra Narconon e Chiesa di Scientology c'è poi la recente testimonianza di Lucas Catton, per un certo periodo Presidente di Arrowhead - l'ammiraglia statunitense di Narconon, il quale racconta di aver operato alle dirette dipendenze della Presidente della già citata ABLE International. Soltanto i membri della Sea Organization, la élite della Chiesa di Scientology, possono lavorare in ABLE. 

Riassumendo: Narconon dipende da ABLE, che a sua volta dipende dalla più alta gerarchia della Chiesa di Scientology. Sono legami ideologici e confessionali, ma soprattutto operativi e direttivi che però continuano a venire sottaciuti, minimizzati o addirittura negati dai centri Narconon. 

A parte una poco simpatica mancanza di trasparenza, c'è la questione ben più importante della libertà religiosa, una libertà anche negativa: libertà di non praticare rituali religiosi, di non avere a che fare con organizzazioni religiose, di non finanziarle. Tuttavia, pazienti Narconon e loro parenti non vengono informati che, come vedremo in seguito, tutto il programma disintossicante per cui pagano cifre considerevoli (oltre 20.000 euro per qualche mese di degenza) è in realtà religioso, basato su precetti, pratiche, rituali e credenze religiose

Questo è soltanto uno degli aspetti delle molte controversie che circondano Narconon, che scaturiscono dalla realtà pratica e operativa dei centri e che hanno poco a che fare con la “parabola del regime” citata nel titolo del suo articolo. 

Contrariamente a quanto da lei scritto, in Italia la vicenda Narconon inizia molto prima della “improvvisa chiusura” del dicembre 1986. Quella chiusura fu solo il culmine di un'attività investigativa in corso da anni; lo stesso maxi-processo contro i vertici italiani di Scientology da lei citato prese avvio dai numerosi esposti e denunce presentati in tutta Italia da pazienti Narconon e loro parenti, i quali si sentivano truffati e lamentavano condizioni igienico-sanitarie del tutto inadeguate. Ben prima di quel dicembre 1986, infatti, le autorità avevano ordinato la chiusura per motivi strutturali e igienico-sanitari dei centri Narconon di Civitella di Romagna (Fc), Prazzo (Cn), Prata (Pn) e Ronago (Co). 

L'ordinanza di rinvio a giudizio di 140 operatori Narconon/Scientology del 1988 cita per esempio una nota del Ministero della Sanità del 1985 in cui si fa presente che “per quanto più volte ed in più occasioni siano state richieste ai responsabili di tali centri informazioni dettagliate sulla metodologia adottata e sui risultati conseguiti, nessuna notizia diretta è pervenuta alla scrivente direzione. Ciò contribuisce peraltro ad aggravare piuttosto che a dissipare i dubbi e le perplessità che si nutrono sulla "terapeuticità" dei trattamenti effettuati dal Narconon.[...]”. 

Ben prima di quel dicembre 1986 le diverse Procure si erano occupate di assenza di permessi e licenze; di decessi e tentati suicidi; di una rapina commessa da alcuni operatori e ospiti del centro Narconon di Grosseto. 

Un rapporto dei NAS di Genova del 1981 sulla comunità Narconon di Pallare delinea una realtà ben diversa dal ritratto sereno che lei suggerisce in riferimento agli Anni '80. Eccone uno stralcio tratto dall'ordinanza di rinvio a giudizio del 1988: 

… in tutti i locali vigeva il massimo disordine e vi erano profonde carenze igienico sanitarie. Infatti in ogni locale venivano constatate evidenti tracce di sporcizia accentuate dalla presenza di numerosi cani e gatti che circolavano indisturbati al loro interno lasciando anche i loro escrementi sui pavimenti. In cucina, oltre allo sterco degli animali domestici, si notavano pentole, piatti posate ed utensili con evidenti tracce di unto e gli stessi erano sparsi disordinatamente in tutto il locale; nel frigorifero si notavano tracce di ruggine, sangue essiccato, muffe ed unto di vario genere. Veniva rilevato che la quasi totalità di derrate alimentari custodita nelle dispense risultavano essere insufficienti per il mantenimento di così tante persone. 
L’unico bagno funzionante, ubicato al piano superiore dello stabile, presentava notevoli carenze igieniche e doveva bastare a soddisfare le esigenze dell'intera comunità (ben 33 persone) con tutti i problemi derivanti dalla forzata promiscuità; inoltre in quel vano, come si rileverà più avanti, molti ospiti della comunità usavano iniettarsi o fumare sostanze stupefacenti con gravi rischi per l’incolumità personale. 
Le condizioni igieniche si rivelavano ancor più precarie nelle stanze adibite a dormitorio delle persone ospitate; basti pensare che in una stanza di circa 12 metri quadrati erano contenuti ben 10 letti a castello […] in quelle stanze come del resto in tutto l'immobile l’aria era viziata e maleodorante”. 

La situazione di precarietà era nota alla dirigenza ben prima della chiusura del 1986. Tra i documenti agli atti del maxi-processo risulta infatti una lettera inviata da un avvocato del movimento a Giovanni Zanella, all'epoca dirigente Narconon e oggi dirigente della Chiesa di Scientology d'Italia. Nella missiva il legale intendeva sottolineare “che la situazione dei centri è tale che non c’è da meravigliarsi che non vi siano riconoscimenti degli organi pubblici”. Aggiungeva che “quelle disfunzioni dei centri non possono essere riferite alla mancanza dei soldi perché una lettura anche superficiale dei bilanci lo impedirebbe”. 

Dopo i sequestri giudiziari del 1986 cominciarono ad arrivare i rapporti su ciò che i NAS di varie provincie avevano rilevato. Il comando di Milano redasse un rapporto riassuntivo in cui evidenziò, tra le altre cose, che: 
le comunità Narconon non vogliono obiettivi, rifiutano linee e criteri di indirizzo delle autorità pubbliche, rigettano qualsiasi attività di controllo […] il metodo, semplicistico ed illecito è stato censurato dall’Istituto Superiore di sanità e dai medici dell’U.S.L. n.6 Bormida […] le condizioni di vivibilità all’interno dei Narconon superano le fantasie più fertili […] igiene inesistente, dormitori a castello su tre piani in spazi ristrettissimi, mancanza di ogni forma di riscaldamento, sanitari fuori uso, vitto inadeguato, punizioni umilianti per chi, comandato a rastrellare in giro quattrini, avesse avuto la disavventura di rientrare al Narconon con pecunio inferiore alle attese. […] Altro aspetto allarmante dal punto di vista igienico sanitario è rappresentato dal degrado in cui versavano gli ambienti destinati ad accogliere i conviventi sia dalle inesistenti misure di prevenzione circa il rischio di diffusione di malattie tipiche dei tossicodipendenti quali l’epatite virale, l’AIDS ecc. in considerazione anche della condizione di promiscuità in cui vivevano gli ospiti, dell’uso comune di oggetti personali, del confezionamento del vitto da parte di soggetti ad alto rischio. (cfr. relazione sanitaria del medico della USSL) [...] collaboratori che continuano tranquillamente a drogarsi […] all’alloggiamento provvedono gli stessi ospiti (materassi, coperte, lenzuola); per quanto riguarda l’alimentazione le spese erano ridotte al minimo (in più fascicoli personali si legge che per mancanza di soldi non si erano potute acquistare verdure o altri alimenti di prima necessità) oltre al fatto che, al momento della perquisizione nei locali del Narconon non sono state rinvenute derrate alimentari sufficienti al fabbisogno di una comunità di circa 40 persone”. 

E' sicuramente inquietante che, a seguito dei raid, “centinaia di tossicodipendenti in crisi d'astinenza” furono “lasciati a vagare nelle campagne”, come lei scrive. Altrettanto inquietanti erano però le condizioni in cui, secondo quanto rilevato dai NAS, avevano vissuto quelle stesse centinaia di giovani affidati alle costose pratiche religiose Narconon. 

Parimenti inquietante fu la scoperta, mostrata dai documenti interni sequestrati, di svariate decine di casi di uso di sostanze stupefacenti all’interno dei centri, anche da parte del personale Narconon. 

Sono felice che le condizioni da lei rilevate nella sua recente visita siano del tutto diverse, quasi idilliache, rispetto agli Anni '80. 

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Ho letto con interesse la perizia dei dottori Gulino e Cozzula citata nel suo articolo e ampiamente pubblicizzata dai siti Narconon italiani. Ma più che di un “considerevole tasso di successo nella riabilitazione”, parlerei di successo nella disintossicazione fisica dei pazienti al momento della dimissione, traguardo minimo che ci si attende al termine di un iter disintossicante “drug-free”. Sappiamo bene, però, che la riabilitazione va ben oltre la disintossicazione fisica. 

Le conclusioni della perizia sono: “preliminari e propedeutiche a un follow up multicentrico” i cui risultati “saranno presentati una volta completata la fase di validazione dei dati raccolti riguardanti gli altri centri europei.” Nonostante da quella perizia siano trascorsi ormai un paio d'anni, non ho trovato ulteriori dati o informazioni in merito a questo “studio multicentrico europeo”. 

Gulino e Cozzula (entrambi professionalmente impiegati in Piemonte) hanno lavorato su un campione esiguo e distante: i 62 pazienti ospitati nel 2012 dal centro di Melendugno (Lecce), a mille chilometri dalla loro sede operativa. Eppure un centro Narconon opera da anni a Villafranca d'Asti, molto più vicino e controllabile. 

I periti non specificano se i prelievi sangue/urine sono stati eseguiti personalmente, se affidati agli operatori del centro o a personale diverso. 

Per quanto riguarda “la fase di valutazione a distanza di tempo – follow up a distanza”, gli esperti scrivono che “non è stato possibile rintracciare soggetti già usciti dal programma”. Ritengo la cosa decisamente preoccupante, stante l'ormai più che trentennale presenza di Narconon in Italia. Il follow-up è essenziale per valutare il tasso di successo riabilitativo del programma. 

I due periti hanno così deciso di “sottoporre [i 19] operatori della comunità alla stessa batteria di esami a cui sono stati sottoposti i soggetti presenti nel percorso riabilitativo alla dimissione del programma.” Ovviamente è sperabile che oggi, a differenza di quanto rilevato dai NAS a fine Anni '80, tutti gli operatori Narconon usciti dal programma abbiano definitivamente smesso di assumere sostanze, siano in buone condizioni psico-fisiche, siano socialmente integrati. 

Gulino e Cozzula ci informano che la seconda fase del programma Narconon consiste in sedute di sauna. Philippe Laburthe-Tolra, antropologo, etnologo, già professore emerito alla Sorbona, testimone della difesa al recente processo parigino che ha condannato Scientology per truffa, sostiene che tali sedute sono un rituale religioso internamente definito “Rundown di Purificazione”. La perizia non spiega se, come, quanto e per quali sostanze tale rituale religioso abbia inciso sulla disintossicazione fisica. In fondo potrebbe pure risultare del tutto ininfluente per alcuni agenti tossici, o per tutti. 

La perizia italiana contrasta con quelle stilate in precedenza da loro colleghi stranieri; interessanti sono anche il giudizio di Maurizio Coletti, presidente di Itaca Italia (Narconon “è considerata generalmente fuori da ogni consesso scientifico e istituzionale a livello europeo. Tanto che non è stata ammessa nel Forum of Civil Society, un coordinamento di 35 grandi associazioni che operano sulle dipendenze costituito dalla Commissione europea”) e quello del Presidente del CeiS di Modena. 

La seconda fase del programma consiste di “seminari sulla comunicazione, sull’etica e sulla responsabilità verso sé stessi, la famiglia e la società”. Sono in possesso dei testi utilizzati da Narconon e posso affermare che si tratta di quei corsi di base/introduttivi alla religione Scientology offerti da tutte le sue chiese. 

Durante l'astinenza, “gli assistenti del centro Narconon praticano all'ospite assistenza continua che permette di alleviare qualsiasi sintomo dovesse verificarsi”. Si tratta di pratiche religiose, come ci spiega un opuscolo rinvenibile sul sito dei Ministri Volontari della Chiesa di Scientology. “I fattori delle assistenze” sono infatti “un procedimento di Scientology che serve ad alleviare una sofferenza del presente. [...] I procedimenti di Scientology sono molto numerosi e le assistenze formano una categoria distinta.” 

Infine, il sito ufficiale di Scientology così presenta “I Fondamenti del Pensiero” – libro che ispirò il detenuto Benitez: “Descritto da L. Ron Hubbard come il Libro Uno di Scientology. Contiene le Condizioni dell’Esistenza, le Otto Dinamiche, il Triangolo di ARC, le Parti dell’Uomo, la completa analisi de La Vita come un Gioco […]. In un solo libro, quindi, abbiamo il punto di partenza della disseminazione di Scientology a persone di ogni dove.” 

Riassumendo, il programma Narconon è Scientology in quanto: 
  • è un programma interamente religioso basato sulle credenze del movimento; 
  • si fonda sui precetti della “Bibbia” Scientology; 
  • si avvale di rituali e pratiche religiose
  • dipende da una “Scientology-related entity” (ABLE) il cui personale è composto esclusivamente da membri della élite ecclesiastica del movimento (Sea Organization). 
Narconon potrebbe ben essere “un percorso di riabilitazione funzionale con un considerevole tasso di successo” sebbene, come abbiamo visto, altri esperti sostengano il contrario. Ma la questione è un'altra e riguarda i diritti umani e la libertà religiosa: 
  • libertà di non doversi sottoporre a rituali e pratiche religiose per riabilitarsi dalla droga; 
  • libertà di non dover sposare credenze religiose
  • libertà di non dover finanziare a propria insaputa un movimento religioso di cui si potrebbero ignorare e/o non condividere ideologie, credenze, pratiche. 
Sottacere, minimizzare o addirittura negare i rapporti fideistici e operativo-direttivi tra Narconon e Chiesa di Scientology significa negare questo diritto. 

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E' vero che, stante l'impegno che da quasi 20 anni dedico alla gestione del mio sito di informazione critica sul movimento, le molestie ricevute dalla Chiesa di Scientology e dai suoi affiliati sono da considerarsi al “minimo sindacale”. Tuttavia, la mia affermazione va correttamente contestualizzata. 

La Chiesa di Scientology si è guadagnata la reputazione di movimento ostile verso chi la critica; tale ostilità è stata sperimentata e documentata in tribunale da un lungo elenco di giornalisti, testate, ex membri e critici, e questo è uno dei tanti motivi di controversia che la circondano. “Scientology non è una religione porgi-l'altra-guancia”, come disse uno dei suoi portavoce a un giornalista del Time. 

Due dei motti del fondatore, fatti propri dai fedeli, sono: 
  • attacca chi ti attacca” (demoliscilo con attacchi ad hominem); 
  • lo scopo di un'azione legale è molestare e scoraggiare, piuttosto che vincere. La legge può essere facilmente usata per molestare...”. 
Quando nel 1997 decisi di aprire un sito di informazione critica su Scientology – e poi un newsgroup dedicato – avevo già letto decine di procedimenti e testimonianze di pedinamenti, di gente che fruga tra i rifiuti, di campagne diffamatorie, di molestie a parenti e amici, di sabotaggi e atti assortiti di vandalismo, di cause legali insussistenti, di costruzione di prove false, addirittura di tentati omicidi. 

In questi quasi 20 anni di informazione critica su Scientology ho subito diverse molestie, tra cui una azione legale insussistente intentatami dalla onlus “Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani”/CCDU, una di quelle entità Scientology che – al pari di Narconon – taciono, minimizzano o addirittura negano il collegamento operativo/direttivo con la Chiesa di Scientology. 

Nel 2006 scrissi su un newsgroup che “La Chiesa di Scientology, tramite il CCDU, sta raccogliendo fondi [...]”. Roberto Cestari, presidente del CCDU, mi querelò. In denuncia sostenne che “dopo aver fatto riferimento al fatto che il CCDU è parte integrante della Chiesa di Scientology e che a suo dire - e la signora pare molto bene informata sugli interna corporis, almeno, lo vuol dare a vedere - ingloberebbe CCDU, si spingeva ad affermare: […] L'affermazione, oltrechè completamente falsa è massimamente diffamatoria.” (per una analisi della vicenda si veda questo mio articolo). 

Una entità di Scientology si sentiva diffamata dall'essere accostata a Scientology. Il GIP di Milano, viste le prove da me fornite, decise per un non luogo a procedere. Roberto Cestari/CCDU/Scientology ricorse in Cassazione, la quale confermò la decisione del GIP. 

La sentenza della Suprema Corte è decisamente interessante. Tra le altre cose vi si legge che: “Nelle affermazioni della Po è […] rinvenibile la fondata accusa di una mancata trasparenza. [La Po] afferma, e fondatamente, che manca comunque la piena trasparenza […] in violazione del dovere morale di chiarezza e sincerità che vincola qualsiasi ente, quando si rivolge alla collettività e ne chiede consenso morale e sovvenzione materiale.” [enfasi aggiunte]. 

La “mancanza di trasparenza” (con utenti, politici, giornalisti e la collettività in generale) sembra essere un vezzo e un vizio delle “Scientology-related entities”. 

Una causa insussistente portata fino in Cassazione è una molestia reale che mi è costata svariate migliaia di euro, seppur inquadrabile al “minimo sindacale” nell'economia di una ricchissima multinazionale della spiritualità come la Chiesa di Scientology. E' al “minimo sindacale” se paragonata a quanto dovette subire per esempio la giornalista Paulette Cooper, ma resta una grave molestia contro chi ha detto semplicemente la verità. 

Se è vero che pedinamenti, foto scattate di nascosto e pubblicate in Internet, campagne diffamatorie al paesello in cui vivo e in Internet, e cause tanto pretestuose quanto costose possono essere considerate il “minimo sindacale” rispetto a ciò che altri hanno dovuto subire, è altrettanto vero che si tratta di una quantità considerevole di molestie che non andrebbe sottovalutata né minimizzata. Se può essere vero che in alcuni casi la Chiesa di Scientology è stata “perseguitata dal regime”, è altrettanto vero che la stessa non si è risparmiata in tema di persecuzione dei suoi critici. 

Tra i diritti umani fondamentali che noi tutti vogliamo difendere c'è quello di opinione; molestare chi esprime la sua opinione è una chiara violazione dei diritti umani fondamentali. 

Sono senz'altro d'accordo con le sue severe critiche alle associazioni cosiddette “antisette” e alla “Squadra Antisette” della Polizia di Stato, e anche io vorrei sapere che cosa fa, quanto ci costa, quali sono le qualifiche dei suoi “referenti privilegiati”. Condivido pienamente l'assurdità di distinguere surrettiziamente tra “religioni” e “sette”, e tutte le tragedie umane che tale assurda distinzione si porta dietro. Ma i fatti sono e restano fatti. Sottacerli, minimizzarli, negarli è comunque e sempre esecrabile. 

Cordiali saluti 
Simonetta Po