3 ago 2012

“Sette”, “antisette”, “setta degli antisette”, “aiuto” e altre riflessioni (settima e ultima parte)


Benché alcune associazioni “antisette” affermino di ricevere annualmente centinaia se non migliaia di richieste, esse non forniscono dati che ci permettano di capire in che cosa sono consistiti l’aiuto e le consulenze forniti e per quali motivi siano state contattate.

Come i siti di alcuni movimenti controversi, anche quelli delle associazioni “antisette” sono molto parchi di informazioni sul loro modo di operare e di fornire aiuto, e (come per alcuni movimenti controversi) l’unico modo per scoprirlo sembra essere il contatto diretto, la relazione personale.

Inspiegabilmente con le associazioni “antisette” si riscontra una evidente ritrosia a esprimere pubblicamente il proprio pensiero, a produrre riflessioni e articoli, a presentare il resoconto annuale delle attività e, soprattutto, a illustrare il contenuto delle richieste che ricevono e dell’intervento offerto. In genere quei siti si rivelano dei semplici depositi di materiali altrui trovati in Internet e ricopiati, a sostegno delle proprie convinzioni (il blog Pensieri Banali ha fatto un’analisi impietosa dei siti dell’ARIS e della FAVIS), o una sorta di rassegna dell’orrore in cui ci si limita a riprendere gli articoli a stampa sull’argomento.

Uno dei pochi, se non l’unico sito di associazione “antisette” in cui ho trovato qualche informazione sulla natura delle richieste pervenute è quello della SOS Antiplagio di Novara, che non appartiene al Forum delle associazioni ecc. ma che ne condivide discorso e finalità.

Come è possibile constatare, vi ritroviamo gli elementi discorsivi già analizzati in questi articoli e una pervasiva ricorrenza del prefisso pseudo-.

Parlare di pseudo- (religioni, veggenti, carismi e carismatici, conoscenza, ecc.) è indice di una determinata credenza/ideologia: si parte dalla presunzione di conoscere dove sia il vero- e il non illustrare come distinguere lo pseudo- dal vero è segnale che ci si sta rifacendo al pensiero mainstream (in Italia, quello di tradizione cattolica) contrapposto alla devianza [1]: il cattolico sa che la vera religione è la sua, che i veri veggenti sono quelli approvati dalla sua chiesa, che la vera conoscenza è quella rivelata dall’unico e vero Dio, quello cristiano.

Il sito di SOS Antiplagio riporta l’elenco delle richieste pervenute all’associazione nel 2011 e sembra confermare quanto già rilevato dalla Di Marzio nel suo specchietto. Sono quasi tutte richieste di aiuto di parenti e riguardano i casi più disparati, di cui pochi relativi a presunte “sette distruttive”. Tra di essi, soltanto due riguardano fuoriusciti (apparentemente di loro iniziativa) da ciò che loro definiscono “setta”.

Alla luce delle riflessioni fatte fino ad ora, sono a mio avviso particolarmente interessanti queste voci e il linguaggio utilizzato:
  • Provincia di Novara, una setta esoterica del biellese che propina anche il Reiky [sic], opererebbe matrimoni celtici (a scadenza temporale). Un giovane pare sia stato irretito da una adepta a celebrare questo matrimonio. Sia il ragazzo che i suoi familiari sono stati assistiti dai nostri consulenti.
  • Siamo contattati da un signore italiano che vive in Brasile; egli ci segnala l'esistenza di un legame tra alcune logge massoniche di Novara e la Congregazione dei Testimoni di Geova.
  • Bellinzago, un culto satanista già ampiamente conosciuto, tiene degli incontri di studi settimanali, presso la propria sede.
Personalmente, né questi né gli altri casi riportati mi paiono idonei a evidenziare l'esistenza di un problema connesso alle “sette abusanti” e a fenomeni di “plagio”, a conferma di quanto sia infondato l'"allarme sociale" propalato dagli “antisette” e il loro ossessivo invocare una legge ad hoc.

Ristuccia, presidente e fondatore della SOS Antiplagio, non manca inoltre di:
«far notare come l'immigrazione trascina con sé i propri santoni, imbroglioni ed altri che diffondono anche qui in Italia le loro dottrine, superstizioni, magie e quant'altro: fenomeno già conosciuto ma che aumenta con la differenziazione degli stranieri che giungono nel paese
Tutto il capitolo relativo alle religioni di origine “extracomunitaria” (suppongo africana, caraibica e latinoamericana) è interessante.

Anche Ristuccia ritiene che gli studiosi siano “complici delle sette” e pone l’accento su una presunta:
«continua campagna denigratoria ai danni di associazioni, come SOS Antiplagio, che contrastano i culti settari. [...]

E' veramente sconfortante osservare, come tali professionisti, si accaniscono al punto tale da etichettare associazioni come la nostra, col termine da loro inventato di “sette antisette”. Una assurdità talmente mastodontica da rasentare l'ilarità, se non fosse per tutte quelle persone assistite da noi, traumatizzate per essere cadute nella trappola di un mago, di un santone o di una setta distruttiva.

Si osserva un certo coordinamento con rappresentanti dei culti sotto processo, per organizzare una vera e propria campagna diffamatoria ai danni di chi, come la nostra associazione, dona un servizio utilissimo alla società, affrontando in prima persona disagi, rischi, querele e minacce di ogni genere.

A questi incontri di coordinamento delle sette, tra loro e qualche professionista, avrebbe partecipato anche un noto studioso dei culti in Piemonte. La cui linea da anni è quella di difendere i culti settari, minimizzando gli allarmi della presenza dei culti in Italia, opponendosi al varo di una legge necessaria in Italia [...]

Da anni si cerca di contrastare tali pericoli, [...] ancora oggi vi sono forti pressioni affinché non venga varato nessun strumento normativo a difesa del cittadino contro chi specula sulla sofferenza. E' anzi urgentissimo [correre ai ripari contro] tali attacchi all'individuo, alla famiglia, al patrimonio e soprattutto alla stabilità sociale [...]»
In questo passaggio ho evidenziato i termini a mio avviso indicativi di una modalità discorsiva che vuole far leva sull’emotività del lettore, senza però portare dati oggettivi e verificabili. È una modalità che abbiamo già visto utilizzata altrove, per esempio da Don Aldo Bonaiuto e da Maurizio Alessandrini, entrambi esponenti dell’associazionismo “antisette” e referenti della Squadra Anti Sette della Polizia di Stato.

A Ristuccia va il mio ringraziamento e plauso per aver resi pubblici questi dati e le sue considerazioni, a differenza di quanto fanno le associazioni consorelle di SOS Antiplagio. Purtroppo però, tolto il generico intervento di psicoterapeuti e avvocati, manca l’esplicitazione del tipo di aiuto offerto. Sarebbe interessante conoscere per esempio quante volte, nell’attività di aiuto, si è parlato di maligno e quante s’è cercato di attribuire alla propria credenza/ideologia (esistenza del “plagio”) i diversi problemi e preoccupazioni presentate.

Noto poi che i relatori delle serate e conferenze organizzate da SOS Antiplagio sono soltanto due: il presidente Ristuccia, le cui competenze per affrontare certe tematiche sono ignote, e l’anziano dott. Giorgio Gagliardi, grande sostenitore dell’esistenza dei SRA (satanic ritual abuse), ormai ampiamente sconfessati dai processi tenuti nel corso degli anni e dalla letteratura scientifica [2], ma ancora in grado – anche grazie all’apporto massmediatico – di scatenare panici morali (si pensi ad esempio ai casi dell’asilo Corelli di Brescia e della scuola di Rignano Flaminio, molto simili ai casi americani, canadesi e inglesi di cui la letteratura scientifica s’è ampiamente occupata).

Mi concedo una digressione per evidenziare una curiosa affermazione che trovo sulle pagine di SOS Antiplagio riferita all’attività del 2011 (grassetto aggiunto):
«I nostri esperti sono spesso chiamati a sostenere attività di consulenza d’ufficio presso diversi tribunali nel territorio nazionale. In alcuni processi, come quello ormai finito sul caso Arkeon, hanno eseguito perizie su alcuni fuoriusciti
La ritengo curiosa perché la sentenza di primo grado del processo contro alcuni dirigenti di Arkeon è stata emessa soltanto il 16 luglio 2012 e trattandosi del primo grado tutto si può dire, salvo che il processo sia “ormai finito”. Come poteva mai esserlo, nel 2011 resta un mistero.

Ovviamente mi auguro che, trattandosi di atti pubblici scaturiti da un processo, un giorno potremo conoscere le modalità con cui sono state condotte tali “perizie d’ufficio” (che significa: ordinate dal giudice), giusto per avere un’idea della metodologia utilizzata.

Non è la prima volta, infatti, che ci troviamo di fronte a “perizie” sui generis in cui le conclusioni si esprimono in tre diverse ipotesi alternative tra loro: “scettica, benevola e preoccupata” (perizia che, per inciso, riguardava il figlio di una madre affiliata ad Arkeon, all’epoca “Reiki”, chiesta dal padre in una causa di separazione, simile a quelle riferite dal sito SOS Antiplagio.)

Come abbiamo visto, in linea di massima l’associazionismo “antisette” italiano mantiene una forte ideologia non condivisa dalla maggioranza degli studiosi del campo (perciò a suo modo settaria) che si manifesta su livelli diversi, tra cui:
  1. cercare di distogliere il membro dal gruppo a cui ha deciso di aderire;
  2. dare solo informazioni negative sui gruppi di minoranza, definiti indistintamente “sette” o “psicosette” (con tutto il portato denigratorio che il termine ha assunto);
  3. attivarsi per contrastare le loro attività (foraggiare la stampa, segnalazioni alla polizia, consulenze ai magistrati, cercare di costituirsi parte civile nei processi, ecc.);
  4. sostenere la reintroduzione della legge sul plagio, forti della convinzione che l’unico motivo di conversione a certe credenze sia la “manipolazione mentale”.
Credo sia doveroso interrogarsi sulle forme di aiuto offerte da chi mantiene tale ideologia.

Nel terzo articolo di questa serie ho accennato al convegno ICSA del 2007 dove per la prima volta sentii parlare di mediazione. Per me che provenivo dal mondo dell’antisettarismo era una parola sconosciuta. La “vittima” andava “tirata fuori dalla trappola della setta” e ci si doveva attivare per danneggiare il gruppo (allertare i media con racconti dell’orrore, convincere le vittime a sporgere denuncia, ecc.).

Il problema però è che così facendo si scavano fossati più profondi di quanto già non siano e in parecchi casi più che dare aiuto all’altro si portano avanti finalità dettate dalla propria credenza/ideologia, a cui si socializzano persone nuove, viste come potenziali “reclute” delle associazioni. Ciò di cui gli “antisette” accusano le “sette” di fare.

Ricordo di aver discusso di mediazione con una decana dell’associazionismo antisette italiano; le feci presente che in fondo i gruppi non sono tutti uguali, non si mantengono immutati nel tempo, il coinvolgimento personale può essere più o meno profondo.

Gruppi che vengono considerati “sette distruttive” sulla base del racconto di un parente preoccupato o di un ex membro arrabbiato, potrebbero non esserlo affatto; non va escluso a priori che si tratti di semplici gruppi “alternativi” del tutto ignari delle preoccupazioni di un famigliare o delle lamentele di un ex. Movimenti che in passato hanno realmente tenuto comportamenti da “setta distruttiva” oggi sono cambiati, alcuni hanno fatto il mea culpa e si sono assunti le proprie responsabilità.

Un’associazione che si ponga da tramite, che presenti al gruppo le lamentele raccolte, che faccia presente quali preoccupazioni o problematiche suscita in alcuni, potrebbe già risolvere pacificamente molti conflitti. O come ci raccontò un relatore al convegno ICSA, responsabilizzando il gruppo su certe questioni si possono ottenere ottimi risultati. Nel suo caso si trattava di una studentessa che aveva abbandonato gli studi per immergersi nelle attività del gruppo. Una serie di incontri con i suoi dirigenti fece sì che furono loro stessi a convincerla a rimettersi a studiare e ad allentare la frequentazione del gruppo, senza per questo interromperla. Sul fronte familiare la mediazione portò i genitori ad accettare il diritto della figlia di fare le proprie scelte e la ragazza a capire le preoccupazioni e le critiche dei genitori.

Purtroppo, la decana “antisette” con cui parlai mi disse chiaramente che “con i banditi non si media”, per cui loro in quanto associazione sarebbero andati avanti per la strada che avevano sempre battuto. Due decenni prima avevano provato a mediare con un paio di gruppi ed era andata male; forte della convinzione che “tutti i gruppi sono uguali e non cambiano”, a suo modo di vedere cercare di mediare significava “farsi prendere in giro” e perder tempo.

E' vero che a volte la mediazione non risulta possibile, né che darà in ogni caso i risultati sperati. Ma ritengo che un tentativo andrebbe sempre fatto. Se però si parte dal presupposto che tutti i gruppi sono uguali e immutabili nel tempo, che sono tutti “banditi”, che ogni sede locale è uguale e “banditesca” come la “casa madre” e i suoi membri sono tutti “plagiati o plagiatori”, la mediazione verrà esclusa automaticamente dall’orizzonte del pensabile.

Capita invece che siano i rappresentanti dei gruppi presi di mira dalle associazioni a cercare un incontro, ma si vedono chiusa la porta in faccia. Il caso di Pietro Bono citato nel quinto articolo di questa serie è significativo, ma non è il solo. Interessante è per esempio il recente commento della presidente del CeSAP alle lamentele di una persona da anni bersaglio dei forum di discussione gestiti dal Centro Studi nocino. Data la disponibilità manifestata dal diffamato mi sarei aspettata una reazione diversa dalla responsabile di un “Centro Studi Abusi Psicologici”, oltre che una moderazione ferma degli interventi offensivi. Ma ho già avuto modo di parlare dello stile di moderazione cesappino e anche della reale capacità di «confronto aperto e sereno» e di «dialogo proficuo» dimostrato dal Forum delle associazioni ecc.. (vedi quinta parte).

Sono stata personalmente testimone di due “interventi di aiuto antisette” che all’epoca mi lasciarono parecchio perplessa:
  1. una importante esponente dell’associazionismo italiano consigliò alla parente di un fresco affiliato a Scientology di «andare a far casino sui giornali». In questo modo l’affiliato sarebbe stato “dichiarato PTS” e sospeso da corsi e servizi. A suo modo di vedere, il problema era di facile soluzione: «farlo sbatter fuori»;
  2. due giovani si erano rivolti a una associazione italiana perché preoccupati dall’affiliazione di un congiunto a un certo gruppo. L’esponente dell’associazione cercò notizie in Internet e chiese anche alle consorelle europee, senza ricavarne nulla salvo informazioni ufficiali, positività, lodi e benemerenze. Nulla di negativo da nessuna parte da poter sottoporre ai ragazzi. Alquanto affranta, l’esponente non trovò di meglio che invitarli a partecipare al convegno FECRIS imminente in quei giorni. I due ascoltarono per 8 ore filate relazioni sulla pericolosità delle “sette distruttive” (a cui erano stati convinti che il congiunto si fosse affiliato) e uscirono terrorizzati per le sorti del loro caro.
Sono a conoscenza di altri episodi anche più scabrosi, ma essendomi stati riportati da terzi mi astengo dal citarli.

Ritengo che le associazioni di aiuto e sostegno siano importanti e vadano incoraggiate, ma non dovrebbero confondere l’aiuto con istanze e ideologia antisette. Le “sette distruttive” esistono, esistono le relazioni disfunzionali, esistono le persone più fragili e influenzabili ed esiste l’influenza indebita e chi la esercita. Ma l’aiuto è una cosa, la volontà di contrasto o distruttiva è un’altra.

Chi esce da un gruppo cosiddetto “ad alte pretese” potrebbe incontrare problemi a reinserirsi nella società, in particolare se il suo coinvolgimento con il gruppo è stato molto profondo, a tempo pieno (es. gli staff di Scientology, in particolare della Sea Org). I condizionamenti lasciati dalla dottrina possono essere importanti e liberarsene non è sempre facile; in questi casi è molto importante l’aiuto di un ex membro che sappia “parlare la lingua”, che conosca la dottrina e sia in grado di identificare l’insegnamento che continua a influire negativamente sulla persona. Questo tipo di aiuto non deve però diventare un nuovo indottrinamento a ideologie e credenze altrettanto intransigenti e settarie, o una sottile forma di reclutamento nel proprio gruppo.

Le professioni di aiuto sono notoriamente le più difficili e le buone intenzioni da sole non bastano – meno che mai in un campo così complesso e variegato. Ogni caso è diverso, è inserito in un contesto familiare e relazionale unico, coinvolge più aspetti del vivere e del vissuto.

L’obiettivo primario di chi offre aiuto deve sempre essere il benessere dell’altro nella sua interezza, differenza e complessità, non il portare avanti le proprie istanze, ideologie, fini, interessi o missioni salvifiche.

Psicoterapie Folli, una delle “bibbie” degli antisette, parla del mitologico Letto di Procuste. L’esperienza personale in ambito antisette mi spinge a ritenere che in una realtà così impregnata di ideologia, sprofondata nel dogma e nel rifiuto di posizioni, interpretazioni, interrogativi diversi, vi si faccia troppo spesso ricorso.


Note:

1. Interessante a questo proposito il riferimento ai “movimenti d’odio” americani citati alla nota 3 del secondo articolo di questa serie.

2. Per esempio, The Extent and Nature of Organised and Ritual Abuse: Research Findings, J.S. La Fontaine, Her Majesty’s Stationery Office, Londra 1994; Speak of the Devil: Tales of Satanic Abuse in Contemporary England, J.S. La Fontaine, Cambridge University Press, 1998; Il Ritorno della stregoneria, A. Simonicca, in Comparativamente, (a cura di) P. Clemente, C. Grottanelli, SEID, Firenze, 2009; Abusi sessuali collettivi sui minori, A. Zappalà, Franco Angeli, 2009.


2 commenti:

  1. Volevo ringraziarti per questo tuo lavoro che ha richiesto coraggio e studio. Per coraggio, in questo caso, intendo la disponibilità a riflettere criticamente anche sulle proprie idee e le proprie azioni, poichè anche tu, come me, hai fatto parte del mondo antisette e ne hai, in passato, condiviso le finalità.

    Come si comprende bene nei tuoi post, queste finalità non sono "cattive" in sè, anzi, l'azione di difesa e aiuto delle vittime di gruppi settari è sicuramente utile.

    Piuttosto sono certi ambienti estremisti che vanificano l'azione etica e giusta a difesa delle vittime, ottenendo l'effetto contrario a quello sperato.

    In un certo senso criticando questo mondo noi (credo di poter parlare al plurale) critichiamo anche noi stesse e ci disponiamo al cambiamento.

    Mi sembra che questa sia una capacità propria degli esseri umani che molti esseri umani hanno dimenticato di avere, preferendo, all'autocritica, la commiserazione e l'attacco dei loro critici.

    Mi auguro che questo tuo studio sia oggetto di discussione in un ambito scientifico più vasto, perchè credo che lo meriti.

    Raffaella

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    1. Egr. Sig.ra Raffaella Di Marzio, se i problemi del mondo si potessero risolvere soltanto con l'analisi critica a posteriori saremmo tutti dei santi, io penso che la differenza tra chi propone e chi dispone, pesi di più sulla seconda opzione. Evidentemente lei pensa che l'aspetto legislativo della questione sia superfluo, perché in altre nazioni dove il reato di plagio (o controllo mentale) è in vigore questo fenomeno è molto contenuto.
      Distinti saluti
      Franco Da Prato

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