27 dic 2011

Scientology - Lettera aperta del Prof. James R. Lewis

Il Prof. James R. Lewis è uno dei più quotati studiosi di Nuovi Movimenti Religiosi. In gennaio 2011 ha pubblicato una "Lettera aperta a scientologist, ex scientologist e critici della Chiesa di Scientology" (qui in italiano, qui l'originale) che contiene delle riflessioni decisamente interessanti. Particolarmente intriganti sono a mio avviso i suoi studi comparativi su ex membri deprogrammati e su ex non deprogrammati.

La deprogrammazione era una pratica utilizzata dagli "antisette" negli anni '70/'80 che consisteva sostanzialmente nel rapire l'adepto "da salvare" e sottoporlo contro la sua volontà a un bombardamento di informazioni negative sul gruppo. Talvolta qualche sberla en passant, giusto nei casi più riottosi. (Interessante a tal proposito il film "Holy Smoke" di Jane Campion, che affronta deprogrammazione e "exit counselling", con una Kate Winslet più che mai raffaellesca.)

Il presupposto era che l'unico motivo per cui una persona aderisce a un gruppo controverso sarebbe la "programmazione", in pratica il plagio. Era perciò considerato legittimo "deprogrammarla" (de-plagiarla), costi quel che costi. Una sorta di scientologico "maggior bene sul maggior numero di dinamiche".

Questa pratica sollevò forti controversie e fu abbandonata, sostituita dal più soft "exit counselling" proposto, tra gli altri, da Steven Hassan e Margaret T. Singer. Il membro non veniva più rapito e tenuto prigioniero come nella deprogrammazione (Ted Patrick, uno dei deprogrammatori più noti, fu anche condannato per sequestro di persona), ma attirato con l'inganno a un incontro familiare, dove un team di counselor lo sommerge di informazioni negative sul gruppo e sulla sua affiliazione. In questa seconda modalità la coercizione è minore; rimane comunque una forte e indebita pressione psicologica.

Dieci anni fa questa soluzione mi sembrava moralmente giustificata e percorribile poi, confrontandomi con decine (se non centinaia) di ex (e non ex), partecipando a convegni accademici e, soprattutto, proseguendo gli studi sull'argomento, sono giunta alla conclusione che deprogrammazione ed "exit counselling" si basano sulla stessa premessa che le rende entrambe inaccettabili: la tesi che la conversione sarebbe unicamente frutto del "plagio".

Deprogrammazione ed "exit counselling" partono cioè dal medesimo presupposto, secondo cui l'unico motivo plausibile per l'affiliazione a un gruppo che propugna "idee tanto assurde" (cioè inviso alla famiglia o criticato dai media) sia la totale manipolazione della volontà dell'affiliato. Nell'ambiente "antisette" questo "unico motivo" viene considerato un dato acquisito. Alcuni esempi:

- l'intervista radiofonica di Maurizio Alessandrini (FAVIS);

- il materiale presentato alle conferenze organizzate dagli "antisette" italiani (qui un esempio emblematico);

- il "contenuto occulto" del libro "Occulto Italia" di Pitrelli e Del Vecchio;

- le trasmissioni televisive (es. Storie Vere) di taglio scandalistico o gli articoli a stampa recentemente usciti in tema di "sette";

- i documenti presentati dagli "antisette" alla Commissione Giustizia del Senato per la reintroduzione del reato di plagio.

Il materiale sopra citato evidenzia con chiarezza che questa corrente di pensiero non contempla altre alternative al fenomeno di conversione a certi sistemi di credenze: i Nuovi Movimenti Religiosi invariabilmente "plagiano", per cui dateci la possibilità di "splagiarli" e di punire adeguatamente i cattivi "plagiatori".

Nessuno nega che certe forme di manipolazione siano presenti anche nei NMR, così come lo sono in tutti gli aggregati sociali, quelli "antisette" compresi. Una conferma ce la offrono proprio gli studi di Lewis, il quale riscontrò una particolare animosità e mancanza di obiettività negli ex membri deprogrammati rispetto a coloro che hanno lasciato autonomamente il gruppo.

Se applichiamo al panorama italiano il raffronto fatto da Lewis, confrontando gli ex membri risocializzati da gruppi "antisette" (o loro rappresentanti) ed ex membri non risocializzati, il risultato appare simile. Naturalmente è un'opinione che non si basa su riscontri scientifici, solo sulla mia esperienza e sul mio personale sentire, che potrebbe essere sbagliato e deformato da pregiudizio. Occorrerebbero studi scientifici che non so se siano mai stati condotti. Cercherò di informarmi. Tuttavia, dopo aver parlato con tanti ex membri, dopo quasi 15 anni di lettura di newsgroup e forum dedicati all'argomento (sia nazionali che stranieri) ecc., il mio sentire è che esista una marcata differenza di valutazione/lettura dell'esperienza vissuta, tra chi è stato risocializzato in ambiente "antisette" rispetto a chi non lo è stato.

Di particolare interesse, sotto questo aspetto, è il recente fenomeno del cosiddetto "movimento Scientology indipendente", consistente nell’abbandono della struttura “chiesa” ma non della filosofia spirituale e delle pratiche di “Scientology”, che dal 2009 ha portato un consistente numero di fedeli ad abbandonare la Chiesa di Scientology; anche in Italia. Il contenuto dei relativi blog evidenzia con forza quanto sia determinante, alla fine, l'ambiente di risocializzazione.

Proviamo a chiederci quanti ex scientologist, che oggi sono attivi su free.it.religioni.scientology e rigettano in toto l'impianto fideistico di Scientology, sarebbero invece nel movimento indipendente - ostile verso la chiesa ma devoto ai testi hubbardiani - se quegli spazi fossero esistiti anche prima. È una considerazione che si basa su un dato interessante: da quando gli "indipendenti" italiani hanno aperto i loro blog, su free.it.religioni.scientology non è arrivato nessun nuovo utente. Potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza, oppure dell'evoluzione nella fruizione del web, ma sembrano entrambe spiegazioni poco convincenti.

L'elemento "indipendente" (al di là delle sterili polemiche su chi alza le mani di più o di meno) ci deve far riflettere sull'ipotesi "plagiaria" di Scientology. È chiaro che gli indipendenti ritengono di aver ottenuto grandi benefici dall'impianto fideistico/filosofico che hanno abbracciato, una dottrina a cui vogliono restare fedeli, ma si collocano fuori dalla struttura burocratica "Chiesa di Scientology" che non ritengono più fedele alla dottrina. Nessun "plagio" quindi per l'adesione alla dottrina di Hubbard, ma scelta consapevole e basata sull'esperienza.

Insomma, alla fine direi che l'elemento chiave, la lente attraverso cui leggere la propria esperienza del passato, resta la struttura risocializzativa: se c'è o se non c'è, e in che direzione punta. E su questo sarebbe veramente opportuno riflettere in modo serio.

Per tornare al volume (a cura) di James R. Lewis, "Scientology", per chi è primariamente interessato all'accademia è senz'altro un'opera senza precedenti che non può mancare nella biblioteca personale. Siccome però non costa poco, chi stesse pensando all'acquisto sappia che sono 400 pagine (più appendici e bibliografia, per un totale di 445 pagg.) fitte di analisi socio-storico-antropologica, scritte in inglese accademico, di non facile lettura per chi non ha qualche nozione sulle teorie fondamentali delle scienze sociali e di storia delle religioni.

Per avere l'idea di dove si va a parare, questo è l'indice:

- Introductory Essays (Birth of a Religion; The Cultural Context of Scientology; Researching Scientology: Perceptions, Premises, Promises and Problematics);

- Theoretical and Quantitative Approaches (Making Sense of Scientology: Prophetic, Contractual Religion; Scientology and Self-Narrativity: Theology and Soteriology as Resource and Strategy; The Growth of Scientology and the Stark Model of Religious "Success"),

- Community and Practices (Community in Scientology and among Scientologists; How Should We Regard the Religious Ceremonies of the Church of Scientology?; The Development and Reality of Auditing);

- Sources and Comparative Approaches (Scientology as Technological Buddhism; Scientology: a "New Age" Religion?; Scientology: "Modern Religion" or "Religion of Modernity"?);

- Controversy (The Nature of the New Religious Movements-Anticult "Culture War" in Microcosm: The Church of Scientology versus the Cult Awarness Network; Scientology in Court: A Look at Some Major Cases from Various Nations; The Church of Scientology in France: Legal and Activist Counterattacks in the "War on Sects");

- International Missions (Scientology Mission International (SMI): An Immutable Model of Technological Missionary Activity; The Church of Scientology in Sweden; Scientology Down Under);

Dimensions of Scientology ("His Name was Xenu: He used renegades...": Aspects of Scientology Founding Myth; Celebrity, the Popular Media and Scientology: Making Familiar the Unfamiliar; Sources for the Study of Scientology: Presentations and Reflections);

Appendix.


3 commenti:

  1. Hai scritto "Nessuno nega che certe forme di manipolazione siano presenti anche nei NMR", quindi affermi che una certa manipolazione possa esistere.

    Due punti importanti penso siano:
    1) Quando una manipolazione mentale si può considerare socialmente ammissibile e quando no?
    Le manipolazioni mentali infatti non sono tutte uguali, e si possono distinguere perlomeno per (A)l'intensità dell'effetto, e per (B) come possano essere usate per danneggiare la vittima.

    2) In un dato NMR esiste manipolazione mentale? Se sì, di che tipo?
    Se si trova che una certa manipolazione mentale esiste, bisogna capire se essa possa essere una forma di reato con le leggi esistenti.
    Per esempio, il causare una temporanea e parziale capacità di intendere e di volere a qualcuno, il quale a seguito di ciò danneggia se stesso e/o altri. In quali casi questo esempio può essere reato?

    RispondiElimina
  2. Tutti i gruppi sociali si dotano di un sistema etico-morale, normativo, ideologico. Tutti i gruppi socializzano i loro membri affinché si integrino in quel sistema.
    Più un gruppo sociale è autoritario e chiuso, più avrà bisogno di esercitare controllo sui suoi membri e quindi di manipolarli: ideologie forti (bianco/nero), paure (del diverso, di non essere all’altezza, dell’ideologia debole, dell’impurità, del “demonio”, del deviante in generale), sensi di colpa, richieste di conformità molto forti, ecc. (pensa per es. ai regimi dittatoriali).

    Più il gruppo è aperto e liberale meno necessiterà di forme di controllo e di manipolazione, perché i confini della devianza si allargano di molto.

    In merito alle tue domande:

    1) È il gruppo che decide ciò che è ammissibile e cosa no. Ciò che per noi è ammissibile potrebbe non esserlo in un altro gruppo e viceversa. La nostra legge (cioè le regole che si è dato il nostro gruppo sociale “Italia”) prevede che non è ammissibile truffare (manipolare per trarre un ingiusto profitto); circonvenire un incapace (approfittarsi dello stato di debolezza – anche temporaneo – altrui); ridurre in schiavitù (attirare con false promesse al fine di privare della libertà), esercitare violenza privata, abusare della credulità popolare, ecc.
    Se la manipolazione non genera altro reato, la nostra società la ritiene ammissibile (es. la pubblicità, la propaganda politica, il rapporto maestro-discepolo, il rapporto sacerdote-fedele, ecc.). Il punto è che tutti i rapporti umani, tutti i rapporti sociali e comunicativi presentano un livello più o meno alto di “manipolazione”.

    Il problema si sposta perciò, secondo me, dalla condotta “manipolativa”, chiamiamola così, alla personalità di ogni singolo individuo. C’è chi sarà più facilmente influenzabile (manipolabile, persuasibile, remissivo, insicuro dei propri mezzi, ecc.) e chi meno.

    Non tutti reagiscono in modo omogeneo alle medesime tecniche manipolative. Se prendi un gruppo come Scientology, che secondo me è un gruppo autoritario e chiuso che attua su tutti delle tecniche di controllo (e quindi manipolative) molto forti, vedi però che non tutti reagiscono alla stessa maniera, anzi direi che di tutte le persone avvicinate (la cosiddetta “carne cruda”) quelle che diventano fedeli sono una netta minoranza.

    Perciò, anche partendo dal presupposto che la conversione alla fede Scientology, al suo sistema normativo ed etico-morale, alla sua ideologia autoritaria sia unicamente frutto di manipolazione (e io NON la penso così) , quelli che cedono alle sue tecniche manipolative restano una minoranza.

    2) I NMR non sono diversi dagli altri gruppi sociali. Se nelle condotte dei loro operatori si riscontrano estremi di reato, quel reato va punito. Il codice aiuta i giudici a stabilire che cosa è reato e che cosa no. Il nostro codice, però, rifiuta le cosiddette “norme in bianco” e richiede la cosiddetta “tassatività di comportamento” e questa è una grande conquista dello Stato liberale. Senza la “tassatività di comportamento” il giudizio verrebbe lasciato al libero arbitrio, come negli stati pre-liberali.

    La legge deve fissare dei paletti ben precisi (“tassatività”), deve dire di preciso qual è il comportamento illecito e quale è il comportamento lecito. Solo così saremo messi nella condizione di attenerci alle sue norme.
    La “manipolazione mentale”, essendo caratteristica di ogni rapporto umano e sociale, di ogni rapporto comunicativo, perde quella “tassatività” che il codice richiede. A meno che non produca altri reati.

    RispondiElimina
  3. Bene, mi pare allora che le leggi esistenti bastino. Infatti, nel caso di un NMR o anche altri casi, basterebbe raccogliere prove sulle seguenti azioni (se sono avvenute):

    1) Indurre a qualcuno una condizione temporanea di debolezza mentale o di riduzione intellettiva riguardo ad un dato argomento.

    2) Approfittarsi della suddetta condizione, facendosi dare denaro, lavoro, e simili, dalla vittima che si trova nella situazione indicata nel punto (1).

    RispondiElimina