La “setta antisette” italiana
In anni recenti, anche in Italia si è cominciato a (ri)parlare di “setta antisette”. Il primo a riportare in auge il termine fu forse Mario Aletti, psicologo della religione, nel 2008.
Come ho scritto nella terza parte, per me il 2008 fu un vero spartiacque. La primavera si annunciò con un fatto per me inaudito, incomprensibile, impensabile. A fine marzo di quell’anno, la Dott.ssa Di Marzio, studiosa di fama internazionale di nuovi movimenti religiosi, venne inquisita e si vide porre il suo sito sotto sequestro giudiziario. Il motivo? Aveva iniziato uno studio preliminare su quel che restava di Arkeon, un movimento che i media e gli “antisette” italiani dipingevano come la più estesa psicosetta mai esistita in Italia [1] e sui cui dirigenti la Procura di Bari aveva aperto un’indagine. (La studiosa è stata poi totalmente scagionata e il suo fascicolo archiviato per insussistenza di notizia di reato; recentemente è stata emessa la sentenza di primo grado del processo che ha visto coinvolti diversi dirigenti del movimento Arkeon).
Alcuni mesi prima avevo approntato una pagina di “Allarme Scientology” in cui invitavo i miei lettori a fare una piccola donazione a una delle associazioni che elencavo (tra cui ARIS, CeSAP, FAVIS e alcune altre). Avevo infatti ricevuto parecchie offerte di contributo per la gestione del mio sito e avevo ritenuto più opportuno dirottare quelle offerte sulle “associazioni di aiuto”. Fu in virtù di questa disponibilità che avevo loro dimostrato, e ai rapporti di cordialità e collaborazione che intrattenevo con alcune di loro, che alla notizia del procedimento contro la Di Marzio inviai una mail per informarle dell’accaduto, invitandole a esprimere la loro solidarietà pubblica alla studiosa.
A fronte di otto associazioni contattate, mi risposero in due (nessuna tra quelle appena citate). Entrambe mi dissero che per prendere una decisione di quel tipo dovevano convocare l’assemblea dei soci. La risposta mi lasciò perplessa perché sapevo che nessuna di quelle organizzazioni ha un numero tale di soci da necessitare di un'assemblea. Si tratta infatti di associazioni a gestione pressoché familiare dove le decisioni vengono prese dai fondatori/dirigenti.
In quel periodo si stava poi finendo di organizzare il convegno internazionale FECRIS di Pisa alla cui realizzazione avevo anche io contribuito, nel mio piccolo. Nei diversi mesi precedenti mi ero infatti prestata come traduttrice e interprete, e al convegno avrei avuto qualche mansione di accoglienza; un aiuto che mi sentivo di offrire alle associazioni italiane che promuovevano l’incontro.
Nei giorni immediatamente successivi il provvedimento contro la Di Marzio mi incontrai con alcuni esponenti delle associazioni a cui rinnovai l’invito a pronunciarsi su quell’evento gravissimo. La risposta mi lasciò sconcertata: a loro dire, la Di Marzio se l’era cercata; sapeva che quel gruppo era una “setta pericolosa”, che era sotto indagine, che la magistratura aveva “sciolto il gruppo” e lei non si sarebbe dovuta impicciare; l’aveva fatto e s’era presa il dovuto. Fine del discorso.
Feci presente che esistono un paio di articoli della Costituzione (17 e 18) decisamente in contrasto con quanto mi stavano dicendo e chiesi se per caso qualcuno avesse visto con i suoi occhi quell’ordine di scioglimento del movimento, ma nessuno l’aveva visto. Basavano le loro affermazioni su quanto riferito dalla Dott.ssa Tinelli del CeSAP la quale, mi dissero, stava collaborando con la Procura di Bari per “incastrare” Arkeon. Feci altre domande per saggiare la loro conoscenza diretta di quel caso e del gruppo stesso, di cui mai avevo sentito parlare in precedenza. La fonte era una sola, quella già citata.
Feci presente che le accuse contro la Di Marzio erano surreali e parossistiche: la si tacciava infatti di essere la “guru in pectore” del gruppo, di averlo “ricompattato”, di essere parte di una “associazione per delinquere” finalizzata a una serie di delitti infamanti, di avere intimidito i testimoni e altro ancora. Quand’anche la studiosa avesse sbagliato a partecipare a un incontro (lecito) con alcuni affiliati ad Arkeon e le loro famiglie, ciò non giustificava quel tipo di accuse e il sequestro giudiziario del suo sito. Ma mi trovai davanti il classico muro di gomma. Sembravano incapaci di distinguere i diversi piani del discorso.
Sapevo da anni che la Di Marzio era malvista in certi ambienti. Infatti, nel 2000 la studiosa aveva lasciato il GRIS, l’associazione “antisette” dei vescovi italiani di cui per anni aveva gestito il capitolo romano. Sempre in quell’anno, aveva accettato la proposta di collaborazione del CESNUR per la redazione della Enciclopedia delle Religioni in Italia. Negli anni successivi aveva continuato a collaborare, aveva portato relazioni ai convegni internazionali CESNUR, aveva partecipato a iniziative congiunte con Introvigne (fondatore del CESNUR). In ambito “antisette” Introvigne viene considerato un “amico e complice delle sette”, a loro volta rappresentate come un “cancro sociale” [2]. Agli occhi di alcune persone, collaborare con lui significa essere come lui e guadagnarsi il medesimo stigma. Per questo motivo, la Di Marzio era passata in breve tempo da “eroina dell’antisettarismo” (per gli articoli molto critici che aveva scritto su Introvigne) a “amica delle sette” (per aver accettato di collaborare con lui).
Da anni in ambiente “antisette” circolavano chiacchiere e pettegolezzi maligni su di lei. In quegli anni, mi ero vista costretta più volte a dover difendere la mia scelta di non ostracizzarla, di non unirmi al coro di cattiverie e pettegolezzi, di mantenere immutata la stima nei suoi confronti.
I discorsi “amico/nemico” non mi sono mai piaciuti. Se considero qualcuno un nemico significa che è in corso una guerra e se qualcuno è “amico” del mio “nemico” allora dovrei considerare nemico pure lui. Allo stesso modo, dovrei considerare amico il “nemico del mio nemico”, indipendentemente da tutto il resto.
Se qualcuno mantiene posizioni su cui non concordo non per questo lo considero un nemico. Posso al più confrontarmi dialetticamente, contestare quelle posizioni e, trattandosi di un campo – quello delle “sette” – in cui tutti a nostro modo ci sentiamo esperti di qualcosa, allora quel confronto deve essere portato in un’arena comune: ad articolo si controbatte con un articolo, come aveva appunto fatto la Di Marzio con Introvigne e in altre circostanze.
Ma quando chiedevo ai rappresentanti delle associazioni “antisette” che cosa di preciso contestassero alla Di Marzio (o a Introvigne), su quali articoli o passaggi si trovassero in disaccordo e per quale motivo, calava il silenzio. Nessuno sembrava essersi nemmeno preoccupato di leggere i loro libri o articoli. Introvigne aveva criticato il “movimento antisette”, perciò veniva considerato un “amico delle sette” e un loro nemico. La Di Marzio era sua “amica” e questo chiudeva il cerchio.
Nei mesi successivi al marzo 2008 e negli anni a venire, accaddero parecchie altre cose spiacevoli e inquietanti, troppo lunghe da elencare qui. Ma la questione “Di Marzio”, l’approvazione di quell’abnorme avviso di garanzia visto come giusta punizione per essersi impicciata, i silenzi sempre più numerosi e assordanti in merito a certe questioni, l’ostracismo crescente nei miei confronti e, per finire, un documento ufficiale di fine 2008 in cui i dirigenti di un paio di associazioni presentavano in modo del tutto erroneo e fuorviante, direi menzognero, un certo evento della primavera precedente, mi spinsero a riflettere sul significato del termine “setta” e a chiedermi se, per caso, non avessi anche io a che fare con una “setta": quella degli "antisette”.
Nel prossimo capitolo: Le credenze della “setta antisette” italiana.
Note:
1. "Potrebbero essere decine e decine le vittime nella provincia di Fermo", Maurizio Alessandrini; "Arkeon: un caso esemplare di ‘psicosetta’ in Italia", Lorita Tinelli; "una delle sette più attive in Italia, Arkeon", Carmine Gazzanni.
2. Così definite da Maurizio Alessandrini, presidente e fondatore della FAVIS, in una intervista del settembre 2011.